Gestione del punto ristoro (bar) nelle associazioni

19.04.2019

Premettiamo che la somministrazione alimenti e bevande è considerata sempre attività commerciale anche se si tratta della semplice cena sociale organizzata nei confronti dei soci i quali pagano un modesto importo all'associazione. Fatta questa premessa esistono notevoli semplificazioni per i sodalizi che vogliono avviare o regolarizzare un punto ristoro all'interno della propria sede.

È necessario aprire una P.IVA ed optare volendo per il vantaggioso Regime di cui alla Legge 398/1991; secondariamente occorrerà presentare una pratica SCIA per comunicare al SUAP del Comune l'inizio attività di Circolo Privato di somministrazione riservato a soci e tesserati. Collegata alla pratica SCIA vi sarà anche la notifica sanitaria all'ASL competente.

Trattandosi di un Circolo Privato non sono previste particolari esigenze in merito alla destinazione d'uso urbanistica dei locali, normative igienico sanitarie, né di sicurezza antincendio o sorvegliabilità dei locali, salvo quelle che sarebbero ordinariamente previste come sede associativa.

Precisiamo nuovamente però che l'attività deve essere svolta solo verso soci e tesserati e che il punto somministrazione non deve essere visibile dalla strada, non vi devono essere cartelli su di essa che ne indichino la presenza e non sia direttamente accessibile dalla pubblica via.

Queste preclusioni vogliono evitare che sotto la falsa veste associativa si nascondano attività di pubblica somministrazione alimenti e bevande quali bar o ristoranti aperti al pubblico indistinto.

La riforma del Terzo Settore prevede delle agevolazioni per le ODV che gestiscono un punto ristoro in occasioni di manifestazioni o celebrazioni ma solo a carattere occasionale.

Per concludere l'apertura di un piccolo bar riservato a soci e tesserati è possibile, la normativa permette rilevanti agevolazioni sia sui requisiti amministrativi e sanitari che agevolazioni dal punto di vista fiscale, ma sono previsti precisi limiti per evitare abusi